In questo articolo andremo ad analizzare alimentatori comunemente denominati Boost oppure anche Step-Up; come si può già intuire dal nome, si tratta di alimentatori in grado di elevare una tensione, ovvero fornire all’uscita una tensione più alta di quella ricevuta all’ingresso.

L’impiego di questi alimentatori è molto diffuso perché permette di ricavare l’alimentazione per una gran varietà di circuiti elettronici partendo dai bassi valori di tensione delle pile e batterie da 1,5V, 3V, 3,6V, 7,2V e 12V ecc. per ottenere tensioni più elevate.

Avendo ampiamente trattato le varie tipologie di funzionamento nel precedente articolo, dedicato appunto alla categoria Buck/Step-down, non ci soffermeremo molto sui dettagli funzionali, ma faremo solo un rapido accenno al funzionamento di questa tipologia di alimentatore.

Chi fosse interessato ad approfondire l’argomento potrà riferirsi all’articolo sulla rivista n° 244 dedicato alla recensione sugli step-down.

Come funziona un alimentatore Step-Up

In Fig. 1 è schematizzato il principio di funzionamento dell’alimentatore Step-Up o Boost che dir si voglia; nello stato di “Switch ON” la corrente circola e si accumula nell’induttore L.

Quando si apre l’interruttore “Switch OFF” la corrente accumulata nell’induttore, attraverso il diodo D carica il condensatore C attraversando il carico R. In dettaglio: durante la fase Ton , quando S è chiuso, l’induttanza L accumula energia per trasferirla verso l’uscita durante la fase Toff, sommando così alla tensione d’ingresso una tensione supplementare che produrrà in uscita una tensione superiore a quella d’ingresso.

Figura 1 – Il diodo D evita che la tensione di uscita venga cortocircuitata su S durante la fase Ton.

Nella pratica l’interruttore S è sostituito da un MOSFET (Fig. 2) pilotato da un circuito di controllo ad oscillatore ad onda quadra con frequenze che vanno da poche decine di KHz fino a oltre 1 MHz. Quindi l’interruttore S non è altro che il “regolatore switching”, cioè un componente integrato che usa la tecnica switching e lavora come un interruttore (però di tipo statico), che si chiude per determinati istanti facendo passare corrente e si apre in altri istanti. Il diodo D, quando l’interruttore S risulta chiuso, si comporta come un interruttore aperto (reverse biased), mentre quando l’interruttore S è aperto, il diodo conduce e si comporta quindi come un interruttore chiuso.

Figura 2

Tuttavia, proprio perché la corrente arriva a “tratti”, la tensione in uscita è costituita da una serie di impulsi e dove il compito di trasformare questa forma d’onda in una corrente continua è affidato ad uno o più filtri costituiti da un’induttanza e da un condensatore. Non sempre il livellamento risulta ottimale, per cui è facile riscontrare un certo “ripple”, cioè una ondulazione residua che si sovrappone al valore medio della tensione e che in alcune applicazioni può risultare indesiderata e può anche generare interferenze in apparecchiature elettroniche situate nelle immediate vicinanze. In Fig. 3 sono schematizzate le curve di andamento tensione/corrente in funzione del periodo T, il quale vale la somma Ton + Toff. Questi due tempi si riferiscono al tempo di chiusura, (Ton) e di apertura, (Toff) dell’interruttore che simula il MOSFET. Il duty-cycle della forma d’onda di controllo è definito come δ= Ton/T.

Figura 3

Dopo questa breve ma necessaria introduzione, andiamo ad occuparci dell’analisi dei nostri circuiti facilmente reperibili sul mercato.

Tra i tanti disponibili sul mercato, facendo seguito ai test effettuati, ne abbiamo scelti otto, dei quali quattro a tensione di uscita fissa (tre dotati di trimmer di regolazione della tensione), uno con alimentazione fissa duale (±12V Out) e uno particolarmente robusto con la regolazione sia della tensione che della corrente in uscita.

DC/DC a uscita fissa 5Vdc USB

Il primo modulo che andiamo ad analizzare è un piccolo convertitore di dimensioni 16x34x8 mm, con tensione di uscita fissa, provvisto di connettore USB2 e tensioni di ingresso dichiarate tra 0,9 e 5 Vcc. La corrente prelevabile dichiarata è tra 200 e 500 mA in funzione della tensione di ingresso. Per testare questo modulo (mostrato nella Fig. 4) abbiamo verificato prima la tensione di uscita a vuoto (senza carico) alle varie tensioni di ingresso e abbiamo constatato che è all’incirca 5,1 volt.

Figura 4

In seguito la nostra scelta è stata di verificare quale fosse il carico massimo accettato in uscita, alle varie tensioni di ingresso, facendo in modo da non avere troppa caduta di tensione.

A tal proposito abbiamo scelto di non scendere sotto la soglia di 4,98 – 4,99 V. Nella Tabella 1 sono riportati i dati principali relativi a cinque differenti tensioni di ingresso, via via crescenti.

Tabella 1

Le scelte delle tensioni di ingresso non sono state casuali, ma legate fondamentalmente alla disponibilità delle tensioni delle varie batterie, sia alcaline (1,5-3V e 4,5 volt) che al litio (3,6 ÷ 4V).

Dalle prove che abbiamo svolto nel nostro laboratorio è emerso che la corrente prelevabile con alimentazione a 1,5V è molto bassa e che per avere un discreto rendimento bisogna salire a 3,6 Vin per poter prelevare in uscita 150 mA.

Con questa configurazione abbiamo rilevato un ripple di 480 mV che può essere ridotto con un semplice filtro LC, come vi avevamo già descritto nella presentazione dei convertitori “Buck”.

La frequenza di pilotaggio risulta variare tra i 77 kHz e 210 kHz.

[boris]

DC/DC a uscita fissa 12Vcc

Il secondo modulo testato è un piccolissimo convertitore delle dimensioni di appena 10×20,5×5,6 mm, che restituisce una tensione di uscita fissa di 12 Vcc e una corrente massima erogabile dichiarata di 450 mA (Fig. 5).

Figura 5

Anche in questo caso abbiamo scelto tensioni di ingresso comuni con l’erogazione delle più diffuse batterie, partendo da 3V (due batterie in serie da 1,5V) perché in questo caso, è la tensione minima accettabile dal circuito, mentre la massima è di 6V.

Qui, però, non ci siamo concentrati sul mantenimento di uno specifico valore di tensione erogabile alla massima corrente applicabile, ma ci siamo piuttosto adoperati nella ricerca dei migliori parametri possibili di stabilità del circuito.

I numeri ricavati ed elencati nella Tabella 2 sono interessanti e possiamo constatare che un modulo come questo è in grado di erogare una discreta corrente senza surriscaldarsi troppo (max 65 °C) e con un ripple abbastanza contenuto.

Tabella 2

Il massimo valore rilevato è stato di circa 364 mV. E siamo addirittura riusciti ad ottenere in uscita 550 mA con Vin di 6V. Ovviamente se si desidera avere minore “rumore” si può sempre utilizzare il solito filtro di uscita ed in questo caso riusciamo ad ottenere valori molto bassi intorno ai 15÷16 mV. Chiaramente si penalizzano gli ingombri e quindi bisogna valutare attentamente le proprie esigenze e scendere al giusto compromesso.

Inoltre in questo caso si lavora su frequenze che si aggirano intorno ai 900 kHz e non notiamo molta variazione di frequenza alle varie condizioni di test, anche se vi è la presenza di molte armoniche (II, III, IV, V e così via).

DC/DC a uscita fissa 5Vdc

Passiamo ora a vedere il terzo modulo (Fig. 6): in questo caso si tratta di un modulo veramente “microscopico” poiché misura soltanto 8x13x3mm ed è praticamente in formato breakout board, tanto che dispone di tre piazzole di collegamento (input, output e massa comune) a passo 2,54 mm che permettono di saldarvi un pin-strip per montare la piccola scheda su altri circuiti stampati, integrandola in essi per ricavare localmente alimentazioni.

Figura 6

Questo dispositivo ha suscitato in noi non poche perplessità e qualche curiosità.

I valori dichiarati dal costruttore sono:

• Vin compresa tra 2,5 e 3,3 V;

• Vout 5 V (fisso);

• corrente massima erogabile ND;

• corrente massima di ingresso 1.400 mA.

La curiosità ci ha indotto ad approfondire l’analisi del circuito ed abbiamo così scoperto che l’integrato regolatore è il SEMTECH SC4503.

In Fig. 7, riportiamo lo schema applicativo suggerito dal produttore. I dati rilevati durante le prove sono abbastanza coerenti. C’è un po’ di perdita di efficienza ma questo è dovuto alle dimensioni del circuito stampato. Infatti prelevando correnti oltre i 500 mA, il circuito va in protezione termica a circa 100 °C. Applicando un piccolo dissipatore autoadesivo di 10x15x5, il problema è risolto.

Figura 7

Il prelievo ideale di corrente è fino a 300÷350 mA.

Nella Tabella 3 vi sono i dati riepilogativi delle prove effettuate in laboratorio; per quanto riguarda l’analisi qualitativa della tensione di uscita, sull’oscilloscopio abbiamo notato un picco nello spettro a 94,5 kHz e poi una serie di armoniche e quindi spurie, di ampiezza nettamente inferiore. La variazione di frequenza alle varie condizioni è abbastanza netta. Il ripple risulta discreto e comunque riducibile sempre con lo stesso sistema.

Tabella 3

DC/DC a uscita regolabile con XL6009

Andiamo ora ad analizzare un primo alimentatore ad uscita variabile (Fig. 8) le cui caratteristiche salienti fornite dal costruttore, sono:

• Tensione di ingresso da 3 a 32 Vcc

• Tensione di uscita regolabile da 5 a 35 Vcc

• Corrente di uscita 2A (3A con dissipatore)

• Efficienza < 94%

• Fo 400 kHz

• Dimensioni (mm) 43x21x14

Figura 8

Questo alimentatore ha come “cuore” l’integrato XL6009 prodotto dalla XLSEMI, del quale nella Fig. 9 vi andiamo a proporre lo schema applicativo tratto dal datasheet del costruttore, che in linea di massima è quello utilizzato.

Figura 9

Abbiamo scelto di analizzare questo con tensioni di ingresso di 3,6V/7,2V (batterie al litio); 5V (alimentatori per smartphone); 9V e 12V (batterie auto o piombo/gel). Lo abbiamo testato senza dissipatore, ma in effetti, come richiesto dal fornitore, se preleviamo correnti importanti sopra 1,5/2A, risulta quasi indispensabile l’utilizzo di un dissipatore di 40×20 mm, poiché le temperature raggiungono quasi i 100 °C e il circuito va in protezione termica. Abbiamo però trovato un parametro discordante circa la Fo che a noi risulta essere intorno ai 180÷190 kHz e non 400 kHz. E questo forse è la causa della bassa efficienza riscontrata in alcuni casi dove si ottiene solo un 68%. Il ripple di questo modulo risulta abbastanza elevato e questo sicuramente dovuto al fatto che per stare nelle dimensioni contenute, sono stati utilizzati condensatori elettrolitici di bassa capacità. In effetti, applicando il nostro solito filtro di test, i risultati decisamente cambiano e si ottengono poche decine di mV. Nella Tabella 4 sono elencati tutti i parametri ottenuti in laboratorio dalle misurazioni effettuate.

Tabella 4

DC/DC a uscita regolabile con UC3843

Analizziamo ora un vero e proprio “Boost” (perché capace di trattare grosse potenze, se paragonato a tutti gli altri presi in considerazione in questo articolo) caratterizzato dalla possibilità di regolare tensione e corrente d’uscita; la scheda su cui è montato il DC/DC è quella mostrata nella Fig. 10 e le dimensioni già più importanti, di 85x63x62 mm, dovute inevitabilmente ai componenti di potenza utilizzati.

Figura 10

Le caratteristiche salienti del modulo, dichiarate dal costruttore, sono:

• tensione di ingresso da 12 a 60 Vcc;

• tensione di uscita regolabile da 15 a 80 Vcc;

• corrente di uscita massima di 10A;

• potenza di uscita max. 600W;

• efficienza < 94%;

• protezione dal cortocircuito tramite fusibile.

La massima potenza di uscita è determinata dal prodotto della tensione di ingresso per la corrente assorbita (Vin x I).

L’alimentatore in questione è idoneo per l’utilizzo in auto e/o comunque solo con una capiente batteria da 12 o 24 V.

A vantaggio di chi volesse conoscere qualcosa in più, nella Fig. 11 abbiamo riportato lo schema applicativo generale del “controller” per il nostro switching (si tratta dell’UC3843) dove si può notare che a differenza di tutti gli altri moduli, necessita di almeno un MOSFET di potenza in uscita e di un robusto diodo Schottky Fast Recovery.

Figura 11

Ovviamente il circuito del nostro alimentatore risulta ben più complesso, dal momento che in esso sono stati implementati sia il controllo di tensione che il controllo di corrente tramite trimmer e quindi troviamo un operazionale tipo LM358, un Darlington NPN MJD122 oltre ad un diodo di riferimento regolabile tipo G431 e relativi componenti ausiliari. In ingresso ed uscita ci sono due morsetti a vite ed un fusibile di protezione da 20A.

Diciamo innanzitutto che l’utilizzo e la manipolazione di questo regolatore, date le elevate correnti in gioco e l’utilizzo di batterie ad alto amperaggio, impone una certa perizia ed attenzione per evitare accidentali cortocircuiti e possibili incidenti.

Raccomandiamo, perciò, la massima prudenza.

Nella Tabella 5 sono riportati tutti i dati che abbiamo riscontrato e che ovviamente abbiamo ottenuto testando il converter DC/DC solo con tensioni di ingresso di 12 e 24V, che sono quelle delle comuni batterie, prelevando al massimo 10A, che è anche il valore massimo di corrente accettabile in ingresso (Vinx10A) ottenendo così una potenza di 240 W. Ovviamente se avessimo utilizzato come Vin 48 volt, avremmo potuto ottenere 480W, ma abbiamo ritenuto abbastanza remota questa possibilità di utilizzo, tanto da non volerla simulare in laboratorio .

Tabella 5

Qui abbiamo riscontrato dei valori di ripple molto elevati ed il nostro filtro, anche se abbatte di un ordine di grandezza tale valore, non risulta comunque sufficiente.

Sarebbe opportuno costruirne uno molto robusto con dei condensatori di grande capacità, dimensionando i componenti sulla base delle misure fatte con l’oscilloscopio allo scopo di minimizzare il ripple stesso.

Ad ogni modo, per talune applicazioni riteniamo che questo DC/DC sia un prodotto valido.

DC/DC a uscita fissa 9/12V – In USB 5V

Abbiamo trovato interessante una soluzione che propone un DC/DC Boost integrata direttamente in un connettore provvisto di presa USB che dispone di un cavo lungo circa 1 metro con terminale a spinotto plug da 5,5×2,1 mm (Fig. 12). Questa soluzione risulta molto pratica in svariate applicazioni, soprattutto dove è possibile utilizzare come fonte alimentazione i comuni caricabatterie degli smartphone, dei power bank e anche le porte USB 2-3 dei PC (anche se quest’ultima opzione la sconsigliamo, al fine di evitare possibili danni al PC stesso). Ne abbiamo provate due versioni: una con uscita fissa a 12V e l’altra con uscita fissa a 9V.

Figura 12

Questo convertitore DC/DC step-up integrato in un connettore USB è in grado di convertire la tensione di 5 Vcc ingresso (connettore USB), in una tensione di uscita a 9Vcc (erogando circa 100 mA di corrente). Nella Tabella 6 sono elencati i dati relativi alle diverse condizioni di test con tensione di uscita nominale di 12V; nella Tabella 7 trovate invece le misure relative alla versione con una tensione d’uscita nominale di 9V.

Tabella 6

Tabella 7

Le considerazioni che abbiamo tratto dalle prove effettuate in laboratorio sono che le tensioni risultano sufficientemente stabili e che i valori di ripple (misurati tra i 200 e i 400 mV) corrispondenti, nella maggior parte delle applicazioni possono ritenersi accettabili. Comunque vi consigliamo di non prelevare dall’uscita più di 400 mA di corrente se utilizzate la versione da 12Vcc di uscita e di 500 mA per quella con uscita a 9Vcc.

DC/DC a uscita fissa duale ±12Vcc con MC34063

Molti circuiti dell’elettronica analogica, quali ad esempio gli amplificatori operazionali (Op Amp) e i generatori di forme d’onda bidirezionali richiedono una doppia alimentazione per funzionare correttamente.

Tuttavia, per ragioni di praticità o convenienza, può essere necessario alimentare un circuito con un’alimentazione singola, fornita ad esempio da una batteria o da un alimentatore esterno, ricavando poi la tensione simmetrica mediante un circuito ad hoc.

Se state cercando qualcosa che fornisca una tensione duale partendo da una continua ma singola, il modulo DC/DC basato sull’MC34063 potrebbe fare al caso vostro.

Le principali caratteristiche dichiarate per esso dal costruttore sono:

• tensione di ingresso: da 5 a 12 Vdc;

• tensione di uscita: fissa duale ±12Vdc;

• corrente erogabile: 50 mA ≈ per ramo;

• dimensioni (mm):42.5×32.7×12.3.

Questo modulo (lo vedete nella Fig. 13) utilizza due circuiti integrati SMD della STM, del tipo MC34063; il motivo lo comprenderete tra breve, ma considerate che ognuno si occupa di una sezione del converter DC/DC duale.

Figura 13

Questo integrato contiene tutti i principali componenti per la realizzazione di un DC/DC converter e come elementi esterni necessita di pochi passivi. Dispone di un riferimento interno di tensione compensato in temperatura, un oscillatore con controllo del duty-cycle e limitatore attivo di corrente, nonché un driver interno con due transistor in configurazione darlington. La tensione di uscita è programmabile tramite l’utilzzo di due semplici resistenze di riferimento con precisione del 2%.

Ma la peculiarità importante è che può essere utilizzato come, step-down, step-up ed anche come invertitore di tensione.

Il costruttore di questo modulo ha scelto una configurazione a ponte impiegando due di questi integrati, limitandosi ad “accettare” la corrente erogata di 50+50 mA. È interessante sapere che questo circuito integrato può inoltre pilotare transistor bipolari o MOSFET esterni e quindi realizzare alimentatori in grado di erogare correnti più importanti. Nella maggior parte dei casi, questa configurazione risulta comunque più che sufficiente.

Nelle Fig. 14 e Fig. 15 riportiamo gli schemi applicativi dell’integrato, tratti dal datasheet della STM.

Figura 14

Figura 15

Nella Tabella 8 sono riportati tutti i dati ricavati dall’analisi di laboratorio. Riguardo ai parametri delle prove, va detto che abbiamo misurato tensione e corrente sull’uscita a 24V, facendo in modo da non scendere mai sotto i 23,85 V, verificando poi quale fosse la tensione massima erogabile e la differenza di tensione.

Tabella 8

Abbiamo comunque notato un comportamento alquanto inusuale, ossia che prelevando corrente solo dal ramo positivo siamo riusciti ad ottenere un’erogazione di circa 400 mA con 9 V in ingresso e – 115 mA sul solo ramo negativo.

Però abbiamo potuto notare che il rendimento [η [%]] relativo al ramo negativo del converter è molto basso e non supera il 60%.

La Fo (frequenza di lavoro) è dichiarata dal costruttore tra 24 e 42 KHz, ma noi l’abbiamo trovata molto instabile e difficile da valutare con precisione con gli strumenti da banco a causa delle innumerevoli armoniche molto ampie; l’analisi dell’uscita all’oscilloscopio evidenzia un ripple abbastanza elevato, che per talune applicazioni dev’essere ridotto mediante un filtro passa-basso da porre in serie all’uscita.

Conclusioni

Con questo abbiamo terminato la nostra rassegna di convertitori Boost/Step-Up di tpo commerciale che ci offre il mercato e che si possono, appunto, trovare presso Futura Elettronica.

Nell’esposizione abbiamo cercato di essere i più sintetici possibile, non tralasciando però alcun dettaglio tecnico importante e che ritenevamo utile portare alla vostra conoscenza.

Lasciamo ora a voi valutare la scelta migliore in funzione del sistema che dovrete alimentare e della fonte di input disponibile.

Prossimamente vi presenteremo alcuni progetti di semplici filtri da applicare all’uscita dei convertitori per ottenere la riduzione del “ripple” e di cui abbiamo di volta in volta accennato.

[/boris]

1 Commento

  1. Articolo molto interessante, preciso e chiaro! Vorrei realizzare un progetto che si basa su un supercondensatore per alimentare un piccolo modellino di auto elettrica telecomandata. Il supercondensatore può immagazzinare una discreta quantità di energia ma poi la eroga con una tensione variabile in genere 0-2,7V. Pertanto per sfruttare al meglio il supercondensatore mi servirebbe un convertitore boost che sia alimentabile da questo intervallo di tensioni per fornire una tensione costante, tipo 5v ed una corrente di 500mA. Nel vostro articolo la tensione di ingresso più bassa risulta 1.5V ma cosi facendo perderei tutta l'energia erogabile dal supercondensatore a tensioni < 1.5V. Avete cortesemente qualche consiglio? Grazie, Luca.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Menu